Al lavoro per progettare reti idriche più efficienti capaci di ridurre gli sprechi e combattere quindi la siccità che caratterizza la Penisola. Oppure impegnati in progetti di sviluppo nei paesi emergenti per portare l’acqua nei centri che ne sono sprovvisti. O, ancora, impegnati con gli impianti di depurazione delle acque, all’interno di stazioni di pompaggio o con gli impianti delle acque reflue.
Sono alcune delle mansioni richieste ai professionisti del settore idrico: un comparto in forte sviluppo negli ultimi anni, in concomitanza con i problemi di approvvigionamento delle acque imposti dalla crescita dei consumi da una parte e dalla scarsità di precipitazioni dall’altra.
Un segmento dell’economia che apre le porte ai laureati in ingegneria e biologia soprattutto, desiderosi di un lavoro stimolante e soggetto a continui spostamenti.
La professione principe nel trattamento delle acque risale addirittura all’antica Grecia: è stato infatti il padre della medicina Ippocrate il primo ad aver conosciuto e descritto il potere delle acque, sia nei benefici per le persone e tutto il genere animale, sia nei rischi di contaminazioni e malattie. Nella società moderna la professione di idrologo è rimasta, invece, a lungo di nicchia, attirando piccole schiere di professionisti, sino a quando è emerso con urgenza il problema degli approvvigionamenti.
Oggi l’idrologo è il professionista specializzato nello studio delle caratteristiche e del comportamento delle acque di superficie. Il suo lavoro, di solito svolto a stretto contatto con biologi e ingegneri civili, consiste in una serie di interventi per rendere l’acqua disponibile in zone dove questa è scarsa o per stimare e ridurre gli effetti delle piene. Un obiettivo che si può conseguire attraverso attività di studio e di progettazione: la prima parte del lavoro si svolge, dietro le quinte, attraverso analisi relative alle proprietà statistiche delle registrazioni storiche, alla disponibilità d’acqua nei fiumi o nei laghi, ai livelli del mare in diversi rilevamenti temporali. Le informazioni statistiche sono poi utilizzate per formulare progetti ad esempio per le grandi dighe oppure per realizzare sistemi utili per scopi agricoli, industriali e residenziali. Il lavoro richiede frequenti spostamenti, sopralluoghi alle strutture interessate dagli interventi, progetti svolti in team con altri professionisti. In Italia non esiste una laurea in idrologia, in quanto si tratta di una professione che unisce diverse professionalità: dall’analisi statistica all’elaborazione di modelli matematici, dalla progettazione per ridurre gli effetti delle piene alla creazione di sistemi di monitoraggio per evitare rischi alle persone e ai territori.
In genere gli idrologi arrivano da una laurea in Ingegneria civile, Ingegneria ambientale, Geologia o Biologia, completata da un corso di specializzazione in Trattamento delle acque o in Scienze dell’ambiente e del territorio. Il percorso post-laurea consente infatti di affinare le competenze specialistiche di cui è carente l’università e di effettuare uno stage in una delle realtà specializzate nel settore. L’attività è svolta come libero professionista o dipendente di consorzi di bonifica e autorità che controllano dighe e bacini fluviali.
Le altre professioni del settore sono in qualche modo ricollegabili all’idrologo. A cominciare dal manager dell’acquacoltura, chiamato coordinare gli impianti, stabilire le politiche commerciali e garantire l’efficienza e l’efficacia delle fasi produttive nel rispetto dell’eco-compatibilità e della qualità. Una professione per profili scientifici, dotati di competenze nell’ambito della biologia, ma al tempo stesso aggiornati sulle normative di settore e gli standard di qualità richiesti dal mercato e dotati di competenze informatiche per gestire i software di settore.
Non si limita al comparto idrico, ma lo ingloba in una prospettiva ambientale il manager del governo del territorio, di solito un ingegnere che pianifica e controlla una serie di azioni legate a una specifica zona, ottimizzando le infrastrutture idriche esistenti e quelle agroforestali. Una professione che viene svolta al servizio degli enti pubblici, di solito con contratti di consulenza pluriennali. Non mancano, poi, casi di manager del territorio impiegati all’interno di organizzazioni non governative per progetti nei paesi di sviluppo e quelli che trovano lavoro in società di consulenza ambientale. Tra i compiti di questo professionista ci sono il supporto alle decisioni politiche in materia di territorio, la progettazione di interventi di manutenzione e di misure di salvaguardia.