Avere le idee chiare finita l’Università non è facile. Scoprire cosa offre davvero il mercato del lavoro e dove orientarsi richiede sforzo, e districarsi tra annunci, scelte da compiere e porte che non si aprono è spesso un’impresa. Che fare? Occorrono tanta determinazione e uno sguardo lucido su ciò che offre il mondo del lavoro, a caccia di sbocchi lavorativi reali, settore per settore, senza dimenticare le proprie inclinazioni. Abbiamo chiesto ad alcuni esperti quali sono le concrete possibilità di impiego e i ruoli più richiesti in cui possono inserirsi i laureati in Comunicazione, Ingegneria, Economia, Biologia e Beni Culturali, i corsi in qualche modo più versatili che al termine degli studi non prevedono un unico sbocco lavorativo, ma aprono potenzialmente a una rosa di opportunità.
LAUREATI È MEGLIO
Prima di tutto, una buona notizia: studiare conviene. Lo dice il rapporto dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, www.oecd.it) Education at a glance 2013: in tutti i Paesi membri dell’Organizzazione, Italia compresa, i laureati guadagnano più dei diplomati e chi ha un titolo di studio postlaurea vanta uno stipendio più alto. Lo confermano i dati Almalaurea: l’app AlmaOrièntati, che serve a orientarsi nella scelta della facoltà universitaria, ha una sezione di informazioni generali sull’università e il mondo del lavoro italiani in cui si scopre, tra l’altro, che un giovane laureato guadagna leggermente di più di un coetaneo diplomato. È vero però che ai timidi segnali di ripresa in alcuni settori non fa seguito un aumento effettivo dei posti di lavoro: secondo le previsioni Manpower sull’occupazione in Italia nel quarto trimestre del 2013, infatti, solo il 5% dei datori di lavoro prevede di incrementare il proprio organico, mentre il 22% ipotizza un calo delle assunzioni e il 72% non ha in mente di apportare variazioni. Ad ogni modo sono i profili più specializzati e qualificati ad avere più chance: secondo i dati del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro, infatti, la crisi fa crescere la domanda di personale molto qualificato e le imprese del settore privato hanno previsto di inserire nel corso del 2013, a scopo assunzione, più di 58mila laureati, con un aumento dell’1,4% rispetto ai medesimi dati relativi al 2012.
INGEGNERIA ED ECONOMIA: TANTE PORTE APERTE
Tra i titoli più spendibili in questo momento, quello in Ingegneria. «Gli ingegneri sono molto richiesti sul mercato: la domanda di risorse da parte delle aziende, infatti, è maggiore rispetto all’offerta di professionisti», spiega Lorenzo Biffi, Project Manager del Dipartimento Candidate Management di Adecco Italia. Ma quali sono le posizioni per le quali gli ingegneri sono più ricercati oggi? «Sono molto richiesti progettisti sia in ambito meccanico che elettronico, e forte è anche il settore legato all’automotive. Inoltre stiamo riscontrando una tendenza: questa figura professionale è sempre più ricercata sia per posizioni di vendita tecnica che negli acquisti, ad esempio come buyer nel settore chimicofarmaceutico». Per riassumere, precisa Biffi, «in questo momento il 50% delle posizioni aperte in Adecco è rivolto a profili tecnici», e i corsi di laurea più gettonati sono quelli che preparano «ingegneri meccanici ed elettronici, chimici e biomedici».
Fortunati anche i laureati in Economia. Secondo Excelsior-Unioncamere, i laureati degli indirizzi economici sono i più ricercati dalle aziende: con oltre 17mila assunzioni previste per il 2013, pari al 29% di tutte quelle destinate ai laureati, i dottori in Economia supererebbero persino i colleghi di Ingegneria elettronica e dell’informazione, ricercati nel 13% dei casi. In Adecco Italia le posizioni per gli economisti, per esempio, rappresentano circa il 15% del totale. Queste figure sono ricercate per vari ruoli: «dal controllo di gestione a quello del bilancio, arrivando alle mansioni in area
finanziaria, bancaria e di aiuto contabile», riferisce Lorenzo Biffi. E la tendenza non riguarda solo le grandi aziende: «Anche le piccole e medie imprese spesso puntano sui laureati in Economia in quanto il corso di studi dà una formazione ampia e “flessibile” apprezzata a più livelli», conferma Filomena Palumbo, consulente in risorse umane, recruiter, formatrice e coach per aziende ed enti di formazione pubblici e privati.Woman writing formulas
IL FUTURO DELLA COMUNICAZIONE È NEL DIGITALE
Chi l’ha detto che un laureato in Scienze della Comunicazione debba necessariamente diventare giornalista o lavorare nella pubblicità? In realtà, oggi, le prospettive sono altre: «I laureati in Comunicazione, rispetto ai colleghi ingegneri e ai laureati in Economia, hanno un po’ meno opportunità», dice Biffi. C’è però una tendenza che fa presagire, per i prossimi anni, una crescita di opportunità che fanno al caso loro: si tratta delle posizioni «legate al mondo digitale e alla comunicazione sui social media. Per esempio si ricercano profili di digital specialist o per attività connesse alla gestione dei social network a livello di comunicazione e media marketing». Le aziende stanno investendo molto su queste aree e anche all’interno degli uffici marketing sta prendendo piede la specializzazione sul canale digitale. «Decisamente le società stanno puntando l’attenzione sul panorama digitale di tipo relazionale, che ha fatto un passo avanti nell’integrazione tra i siti corporate e le altre piattaforme. Un mondo social e soprattutto mobile», dice anche Simonetta Pattuglia, professore aggregato di Marketing e Comunicazione all’Università Tor Vergata di Roma, delegato nazionale Ferpi Università e curatrice della prima ricerca Ferpi (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, www.ferpi.it) su Comunicazione, Università, Giovani e Mercato del lavoro, presentata a inizio 2013. Dall’indagine, realizzata intervistando 130 manager di grandi aziende italiane e multinazionali, è risultato che le imprese destinano i candidati soprattutto a comunicazione istituzionale (17%), comunicazione di prodotto (14%), relazioni pubbliche e organizzazione eventi (12% per ciascun campo), comunicazione digitale e social media/networks (11% per ambito). Da notare
che nel 34% dei casi le imprese intervistate scelgono il comunicatore fra i laureati in Marketing/Economia, nel 19% fra i laureati in Comunicazione, nel 27% fra i “masterizzati” in Comunicazione e Marketing, e solo il 5% dei comunicatori è reclutato tra chi ha studiato Tecnologia e New Media.
NON SOLO LABORATORIO PER I BIOLOGI
E i laureati in Biologia? Tra laboratori e aziende, «circa il 10% delle posizioni aperte riguarda loro: la richiesta di dottori in Biologia e in materie scientifiche è discreta», spiega Biffi commentando le ricerche attive in agenzia. Sono inseriti all’interno dei laboratori di analisi, come tecnici di laboratorio e per il controllo qualità. Ma gli sbocchi professionali non finiscono qui: «I settori di
competenza della biologia sono in continua evoluzione», spiega Luciano Atzori, consigliere segretario dell’Ordine Nazionale dei Biologi (www.onb.it), «stanno diminuendo le opportunità nei laboratori di analisi e per gli informatori scientifici del farmaco, però crescono quelle legate alla tutela dell’ambiente e del territorio. Anche i tribunali cercano consulenti tecnici di ufficio (CTU), per le questioni ambientali». Il settore della nutrizione «è in pieno boom e dà lavoro a circa un terzo dei biologi», prosegue Atzori. «Un altro terzo trova impiego nel campo dei sistemi di qualità e delle certificazioni nell’agroalimentare, e da non sottovalutare è la cosmetologia, che insieme alla procreazione assistita è un settore emergente». Di nicchia, ma apprezzate, le competenze dei biologi specializzati in conservazione dei beni culturali che lavorano in tandem coi restauratori, mentre non sono pochi i professionisti che si occupano di sicurezza sul lavoro. Ma non finisce qui: «È in crescita
esponenziale il settore della biologia forense, tanto che a novembre in collaborazione con l’Università di Tor Vergata faremo partire la prima Scuola permanente di alta formazione in questa materia», conclude Atzori.
BENI CULTURALI: PROMUOVERSI E FARE RETE
La laurea in Beni Culturali – inutile nasconderlo – non offre oggi enormi garanzie di inserimento nel mercato del lavoro. Inoltre, «il settore in Italia è molto legato a incarichi pubblici», spiega Haidi Garulli dell’Ufficio Placement dell’Università di Trento, «e le opportunità spesso provengono dai concorsi». C’è anche la possibilità di curare eventi espositivi o di intrattenimento culturale per committenti pubblici e privati. Tuttavia si tratta di opportunità da libero professionisti o con contratti precari: è raro trovare veri e propri annunci di lavoro a cui rispondere, e anzi contano molto l’iniziativa personale e la capacità di proporre la propria professionalità e i propri servizi a possibili clienti. Chi sceglie questa strada, insomma, deve sapere che «è molto importante il networking», spiega Garulli, cioè riuscire a stabilire e mantenere contatti con i potenziali ambienti lavorativi. In poche parole il messaggio per i laureati in Beni Culturali è: non aspettate l’offerta tagliata su misura per voi e la vostra laurea, ma buttatevi.consulenza
FLESSIBILITÀ: CROCE O FURBIZIA?
Oltre 46.400 contratti di lavoro e più di 5 milioni e 800 mila giornate di contratto per 12.351 persone, nei tre anni successivi alla laurea: sono questi i numeri della ricerca UNI.CO. realizzata dal sistema di placement universitario SOUL dell’Università La Sapienza di Roma. L’indagine, sperimentale, ha incrociato i dati delle comunicazioni obbligatorie relative ai rapporti di lavoro con quelli dell’archivio Infostud, monitorando il percorso di coloro che hanno conseguito un titolo universitario di primo o secondo livello in ateneo fra il 2008 e il 2009 (in totale 21.782 laureati) e hanno avuto almeno un contratto di lavoro dipendente o parasubordinato nei tre anni successivi alla laurea. Ne è emerso che i neolaureati non sono per niente choosy e accettano impieghi anche molto distanti dal loro ambito di studi; hanno tanti contratti ma di breve durata (il 50% di quelli stipulati dai laureati di primo livello non superava i 7 giorni), e per il 92% sono precari: in sostanza la quasi totalità. «Non è sufficiente analizzare il mercato del lavoro distinguendo fra occupati e disoccupati», ammonisce il gruppo di lavoro di UNI.CO. nella sua relazione: «La “nuova” realtà, per i laureati, è quella di un sistema estremamente frammentato, differenziato e caratterizzato da una fortissima flessibilità confinante con la precarietà», che «genera un forte disagio occupazionale fra i giovani laureati e compromette un’efficace formazione “on the job”». In ogni caso, il candidato “giusto” è quello che sa adattarsi ai mutamenti e adeguarsi al contesto economico e sociale rispondendo in modo flessibile e attivo alle incertezze e alla crisi.
NUOVI ORIZZONTI
Gli esperti intervistati concordano: è difficile dire con certezza come evolverà il mercato e quali saranno le lauree e le professionalità più richieste di qui a qualche anno. È possibile comunque ipotizzare delle tendenze:utile tenere d’occhio green economy, luxury, internazionalizzazione delle imprese, mentre il settore culturale potrebbe apprezzare soluzioni per una gestione sempre più efficiente dei servizi, e i prodotti di qualità continueranno probabilmente a essere una cifra distintiva della produzione italiana. Per fare solo qualche esempio, Altagamma-Consensus ha previsto per il 2013 una crescita del mercato mondiale dei beni di lusso pari al 4-5%. Quanto all’economia verde, Coldiretti pone l’accento sulle «opportunità per migliaia di giovani nelle campagne, anche per effetto
delle nuove professioni» all’insegna di ricerca e qualità, spesso innovative e ispirate alla filosofia “chilometro zero”. Secondo il rapporto Greenitaly 2012 della Fondazione Symbola, l’economia verde sta rappresentando «una chiave straordinaria per rigenerare il made in Italy». «Oggi un quarto delle imprese italiane è green e le aziende che più reagiscono alla crisi sono quelle che hanno processi di innovazione verde, sia in termini di efficienza energetica che di individuazione di nuovi materiali. Ciò porta alla richiesta di nuove figure professionali, o di figure tradizionali aggiornate con competenze
green», spiega Marco Gisotti, giornalista, divulgatore e autore, con Tessa Gelisio, di Guida ai green jobs (Edizioni Ambiente). I lavori la cui attività è finalizzata a produzioni a basso impatto o al rispetto dell’ambiente reggono anche in tempi di crisi «e a trovare applicazione nel settore green sarà soprattutto la chimica», dice Gisotti.
UN PASSPARTOUT: LE COMPETENZE TRASVERSALI
Da non sottovalutare, comunque e sempre, le soft skills, o competenze trasversali, che spesso rappresentano un elemento decisivo. Carlo Magni, coordinatore scientifico di SOUL, le definisce «aspetti caratteriali che appartengono a ciascun individuo indipendentemente dal corso di studi frequentato e che riguardano, ad esempio, la capacità di lavorare in team, quella di relazionarsi in modo efficace con fornitori e clienti, la rapidità nell’apprendimento di nuove nozioni e di creare buone relazioni con i colleghi di lavoro, la puntualità e il rispetto delle regole aziendali». La carta vincente è infatti spesso la personalità del candidato, che dev’essere spiccata e positiva: «Recentemente ho presentato a un cliente tre candidate per una posizione di segretaria commerciale. A parità di titolo di studio è
stata scelta quella con meno esperienza ma più solare e proattiva e per questo sembrava più adatta al ruolo», racconta Filomena Palumbo. In ogni caso, riprende Carlo Magni, le soft skills si acquisiscono prevalentemente sul campo e soprattutto nel corso di tirocini, e più in generale grazie a esperienze on the job.