Ctr è una sigla al pari di Cct o Bot: denota un particolare titolo del debito pubblico. Per la precisione è il “nomignolo” dei Certificati di credito del Tesoro a indicizzazione reale, detti anche, più brevemente, Certificati del tesoro reali. In Italia non se ne è sentito parlare molto, poiché la prima e ultima emissione risale al 1983, con titoli di durata decennale (pertanto già scaduta) e pagamento annuale delle cedole. Alla fine degli anni 90, però sono tornati di moda, soprattutto in seguito alla decisione del Tesoro Usa e del Tesoro francese di iniziarne l’emissione. In altri Stati tuttavia sono relativamente diffusi, soprattutto in Inghilterra e Canada, ma anche nell’emisfero australe, per esempio in Nuova Zelanda e Australia. Nel nostro Paese, la legge che autorizza lo Stato a emettere titoli di questo tipo è la legge n. 576 del 7 agosto 1982, all’articolo 43.

Caratteristica di questi Certificati del Tesoro è che sia il capitale, sia gli interessi vengono indicizzati a una variabile che esprime la perdita di valore della moneta. Storicamente, essi sono stati indicizzati all’indice dei prezzi impliciti del Pil (deflatore del Pil), che rappresenta la misura più ampia del tasso di inflazione in un Paese. Dal punto di vista strettamente finanziario, questi titoli procurano numerosi vantaggi agli investitori, in particolare per ciò che riguarda la difesa del valore del risparmio contro l’erosione del potere d’acquisto della moneta provocata dall’inflazione.

A questo proposito il vantaggio per il risparmiatore è duplice: non viene tutelato soltanto il valore reale degli interessi, ma anche il valore reale del capitale. Alla scadenza infatti non verrà restituito semplicemente il capitale nominale indicato nel titolo, ma quello rivalutato per la variabile selezionata per l’indicizzazione dei tassi di interesse. Questi ultimi sono espressi in termini della variabile che rappresenta il tasso di inflazione più uno spread più o meno ampio.

Così, a meno di fiammate inflative di molto superiori a quelle registrate dall’indice di aumento dei prezzi incorporato nella cedola, i Ctr garantiscono un tasso d’interesse reale sempre positivo. E questo è un vantaggio di non poco conto, soprattutto se si confrontano questi titoli con quelli a breve termine a tasso fisso, che spesso, durante gli anni 70 e 80, hanno pagato tassi reali di interesse negativi. Dal punto di vista del Governo, il vantaggio connesso all’emissione dei Ctr è soprattutto uno: con il loro collocamento dichiara implicitamente ai mercati finanziari il suo fermo impegno a combattere l’inflazione (farla salire sarebbe contro il suo interesse con titoli reali in circolazione), e con ciò riduce il premio di rischio che grava sugli interessi corrisposti dai titoli di Stato.