Come già detto, le società, siano esse Banche o Finanziarie, prestano molta attenzione alla capacità di rimborso del richiedente e per tale motivo valutano molto attentamente la documentazione reddituale da questi esibita. Il buon fine di una richiesta di mutuo discende, per un buon 90%, dalla congruità del reddito dimostrato.
Non esistono parametri fissi circa la congruità del reddito necessario all’ottenimento del mutuo, ma si può affermare che la stragrande maggioranza delle Società operanti nel settore pretendono che la rata di rimborso del mutuo non sia superiore al 38/40% del reddito dimostrato (una coppia di coniugi, con un reddito dimostrato di 25 mila Euro netti annui, può aspirare all’ottenimento di un mutuo la cui rata di rimborso non sia superiore ai 10 mila Euro annui). È evidente che se i coniugi hanno anche due figli da mantenere, l’importo disponibile per il pagamento della rata sarà nettamente inferiore ai 10 mila Euro.
Sin qui si è parlato di reddito dimostrabile e non di reddito dichiarato, ciò perché non sempre il reddito effettivo del richiedente ha puntuale riscontro con la dichiarazione dei redditi. In questo caso si procede con la verifica degli estratti conto bancari e degli eventuali investimenti effettuati, cercando di desumere il reddito EFFETTIVO del richiedente.
L’obiezione più frequentemente posta dai potenziali mutuatari è la seguente:”
“ma perché le banche fanno tutte queste storie sul reddito, quando hanno a garanzia un bene che vale molto di più del mutuo concesso?”
In effetti, vista dall’ottica del cliente, il ragionamento non fa una piega, ma vediamo ora il punto di vista delle Società che erogano mutui.
E’ vero che a garanzia del finanziamento si ipoteca un bene che vale molto di più del finanziamento concesso e che, in caso di insolvenza del debitore, il bene può essere venduto all’asta per far fronte, con il ricavato, al debito residuo, ma fra teoria e pratica, come vedremo, c’è differenza.
L’esecuzione immobiliare, innanzitutto, deve essere disposta da un giudice il quale valuta, fra l’altro, se l’Ente creditore, in sede di istruttoria della pratica di mutuo, ha assunto tutte le informazioni necessarie a valutare la capacità di rimborso del richiedente e, in mancanza di detta valutazione, all’Ente potrebbe essere imputato di aver concesso il credito con troppa leggerezza. Inoltre, anche posto che all’Ente venga riconosciuto di aver agito correttamente, in Italia il tempo medio che intercorre tra l’insolvenza e l’esecuzione immobiliare è di 10 anni. In questi 10 anni il debito residuo + gli interessi di mora maturati + le spese legali addebitate sarà certamente notevolmente superiore al valore del bene concesso in garanzia costituendo, in tal modo, una perdita secca per l’Ente creditore.